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Leopoldo II, il Re scomodo

È di pochi giorni fa la notizia della scelta del nuovo nome per un tunnel sotterraneo di Bruxelles. Fino ad oggi intitolato a Leopoldo II, questa celebre arteria per il traffico cittadino, in autunno verrà intitolata alla defunta donna di spettacolo belga Annie Cordy.

Al di là della volontà di rendere omaggio alle donne, fin’ora in effetti poco rappresentate nei nomi di vie e metro della Capitale belga, la decisione di ribattezzare uno degli assi viari più importanti che cinge il centro storico è particolarmente evocativa.

In effetti, da diversi mesi oramai la pressione per la “damnatio memoriae” del Re del Belgio Leopoldo II (morto nel 1909), in nome di una città aperta all’integrazione, cosmopolita e multietnica come Bruxelles, si fa sempre più strada nell’opinione pubblica.

Ma perché, dal cambio di nome di un tunnel alla domanda di “spostamento” delle statue che lo raffigurano dai luoghi visibili della città, il bersaglio di questa esigenza legata all’evoluzione della società è proprio il secondo Re del Belgio, conosciuto anche come il “Re costruttore”?

Chi ha avuto il piacere di seguire una visita guidata di Bruxelles, non mancherà in effetti di ricordare come Leopoldo II sia stato promotore di innumerevoli monumenti e profondi ammodernamenti della città (e in realtà di tutto il Belgio). Dalla creazione delle splendide Serre Reali di Laeken, accompagnate dagli esotici Padiglione Cinese e Torre Giapponese, fino all’Arco del Cinquantenario e alla creazione dell’imponente av. di Tervuren (addirittura più larga degli Champs Elisées – benvenute manie di grandezza!) solo per citarne alcuni esempi.

Una vista dell’edificio che accoglie l’attuale Africa Museum (Musée royal de l’Afrique Centrale) a Tervuren

Proprio quest’ultimo cantiere, voluto nel 1897 per collegare il sito del Cinquantenario, sede dell’Esposizione Internazionale (Esposizione Universale) di quell’anno a Bruxelles al Palazzo delle Colonie, costruito a Tervuren come seconda sede di questo evento, ci indica la strada per capire la fama di disumanità di questo Re.

Leopoldo II aveva infatti ordinato a partire dal 1876 una serie di spedizioni per l’esplorazione dell’Africa Centrale, fino ad allora sconosciuta dagli Occidentali. Gli interessi geografici e “di civilizzazione” si tramutarono però ben presto in interessi economici. La conferenza di Berlino del 1885 sancisce l’appartenenza di questo vasto territorio al Re dei Belgi. Da sottolineare che in un primo momento lo Stato belga non ne volle sapere di assumersi la responsabilità della gestione di una colonia, probabilmente anche per le grandi incertezze legate agli investimenti necessari (per esempio la costruzione di infrastrutture e ferrovie) per avviarne lo sfruttamento. Tuttavia non passarono molti anni prima che il Congo, grazie allo sfruttamento delle ricche minierarie di rame del Katanga e alla produzione e esportazione del caucciù e dell’avorio, diventasse per Leopoldo una vera gallina dalle uova d’oro. A quel punto lo Stato Belga ci ripensò, accettando forse poi non così a malincuore l’eredità lasciatagli da Leopoldo II pochi mesi prima della sua morte nel 1908.

    « La più grande soddisfazione della mia vita è stata di donare il Congo al Belgio. Il Congo è più ricco di quanto possiate immaginare. Dovere di un sovrano è di arricchire la nazione. È questa la sua vera missione ». (Leopoldo II a Anversa, 1909 ).

Certo, fin qui sembrerebbe che Leopoldo II non abbia fatto altro che rispondere al ruolo di “buon padre di famiglia” impostogli dalla sua condizione di uomo del XIX secolo e di Re, aiutando l’industria della sua nazione, il Belgio, attraverso appalti in Congo o grazie allo sfruttamento delle sue ricchezze. Da buon cristiano si fece persino portatore della paternalistica missione di educazione dei popoli indigeni e di debellamento della schiavitù che nei secoli precedenti aveva sottratto all’Africa migliaia dei suoi figli in nome di una fantomatica superiorità razziale, certamente caduta a pennello in una struttura sociale, come quella Occidentale, dedita agli affari e al profitto.

Il problema, come spesso accade, non è tanto legato agli scopi che indussero Leopoldo II ad assumere il ruolo di sovrano dello Stato Indipendente del Congo, ma piuttosto ai metodi utilizzati per ottenere i risultati economici sperati e rientrare dei numerosi investimenti (lo stesso Re impegnò in Congo l’intera eredità ricevuta dal padre Leopoldo I).

Leopoldo II decreta nel 1889 la nazionalizzazione di tutti i terreni non coltivati, dandoli in concessione a grandi imprese private con pochi scrupoli e sottraendo di fatto abilmente alla popolazione locale ogni possibilità di revendicazione degli ancestrali terreni di caccia e di raccolta (ricordiamo che molte tribù erano itineranti). Come se questo “furto legalizzato” non bastasse, furono decretate delle imposte in natura, spesso riscosse dall’esercito o da rappresentanti delle imprese sfruttatrici. Se le quantità di caucciù e di avorio da riscuotere non venivano rispettate, la popolazione subiva delle vere e proprie spedizioni punitive, delle esecuzioni e degli stupri. La triste storia del taglio delle mani, nasce proprio in queste circostanze a giustificare la mancata colletta di materie prime che la popolazione era obbligata a versare. A queste nefandezze vanno aggiunte i numerosi congolesi morti nei cantieri di costruzione della ferrovia, per maltrattamenti e persino per malattie portate dagli occidentali. Si parla presumibilmente di cifre a 6 zeri, di cui però non si può avere un dato preciso e definitivo per mancanza di documenti ufficiali.

Leopoldo II in una fotgrafia di Vincent Everarts, dagli Archives du Palais royal, Bruxelles.

Sebbene Leopoldo non sia mai stato personalemente in Congo, è legittimo chiedersi come potesse essere all’oscuro di questi trattamenti disumani e lasciare che venissero perpetrati. Da qui la cattiva immagine tramandata fino ai giorni nostri, tanto da rendere ormai diffusa l’idea che i monumenti di Bruxelles sono stati fatti con il « sangue del Congo ».

Per tornare dunque ai monumenti di Bruxelles e alla famosa av. di Tervuren di cui si parlava in precedenza, si può affermare che la costruzione di una “Sezione Coloniale” a Tervuren in occasione dell’Esposizione Universale del 1897, con la costruzione del “Palais des Colonies”, rispondesse alla precisa volontà di persuadere la popolazione belga e gli investitori del suo personale progetto coloniale in Congo. In questo contesto vede la luce un vero e proprio zoo umano, in cui ben 267 Congolesi vengono trasportati di forza in Belgio ed esposti al pubblico in accattivanti scenografie che ricostituivano le fattezze di villaggi tradizionali. Ai nostri occhi questo genere di eventi sembra inconcepibile, tuttavia, senza nulla togliere alle responsabilità individuali del sovrano belga, occorre precisare che in quegli anni gli zoo umani erano diffusissimi in tutto il mondo occidentale (per esempio ne venne organizzato anche uno nel 1907 all’Esposizione Universale di Parigi, ma soprattutto, dato molto più scioccante, persino nel “recente” 1958 per l’Esposizione Universale di Bruxelles!).

Queste rievocazioni erano volte a mostrare la forza dell’Occidente, a sostenere la superiorità razziale dei bianchi rispetto ai popoli colonizzati e legittimare così la colonizzazione di terre lontane, data l’apparente, presunta supremazia della cultura europea rispetto ai selvaggiche venivano messi in mostra.

Nonostante le sue innegabili implicazioni nei maltrattamenti inflitti alla popolazione congolese, nonché al suo contributo al processo di consolidazione di sentimenti razziali nella popolazione belga, Leopoldo II è stato solo uno dei tanti attori di un processo globale, quello dell’espansione delle nazioni europee su altri continenti, giustificata secondo la mentalità del tempo sull’arrogante certezza di superiorità.

Lo sfruttamento delle risorse sottratte indebitamente alle popolazioni africane, nonché le sofferenze alle quali esse sono state costrette, hanno contribuito a costruire il benessere economico delle nostre società occidentali, di cui tutti noi siamo i beneficiari.

Rimane quindi aperta la questione dell’opportunità di designare il Re belga come unico colpevole: cancellando il suo nome e la sua effige dalle strade, la società occidentale non potrà comunque lavare via la responsabilità coloniale che, Leopoldo o no, pesa su tutti noi.

Fonti

Léopold II et le Congo – Revue Antipodes – N°203

« … et un roi colonisateur » Dal sito internet: les Belges, leur histoire …et celle de leur patrie, la Belgique

Le zoo humain de Tervuren (1897), dal sito internet del « Africa Museum » di Tervuren

Congo – généralités, dal sito internet expocongo.be

Carte blanche: «Dix idées reçues sur la colonisation belge», da « Le Soir » del 22/08/2009

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